MARSALADUE

Project Room

Mimesi

MACARENA REYES

Curata da Maria Chiara Wang

Opening Venerdì 2 Dicembre 19h

Dal 2/12 al 6/01

Il frammento può venire compreso come la cifra caratteristica della modernità;

il mondo moderno, infatti, si pone sotto il segno della dispersione,

della deflagrazione del senso, della moltiplicazione delle prospettive…

[Alessandro Alfieri, “Filosofia del frammento e verità precarie”]1

È in tale ottica che MACARENA REYES (Madrid, 1992) combina – secondo la tecnica del collage – disegni, fotocopie, carte veline per costruire delle contronarrazioni capaci di suggerire all’osservatore scenari differenti. Il frammento, come fondamento formale e stilistico, elemento di elezione della nuova ontologia estetica, diviene, quindi, generatore di significati inediti la cui funzione è quella di combattere la percezione distratta e l’osservazione acritica che caratterizza l’epoca contemporanea. Ogni opera, mediante la stratificazione di piani, consente sinteticità, potenza espressiva e carica evocativa, diventando una sorta di aforisma.

Nell’installazione Mimesi realizzata per la personale presso Marsaladue l’unico limite della composizione diventa il perimetro della parete: è l’architettura dello spazio a divenire cornice, a marcare il confine senza però segnare una cesura netta. Nell’unità spaziale che si viene così a delineare si instaura un equilibrio tra forze interne ed esterne, tra l’opera e lo spettatore, il cui sguardo è libero di vagare in ogni direzione.

Le opere di Macarena Reyes sono organismi complessi, articolati, dove non è solo la materia ad accumularsi, ma anche i linguaggi, le tecniche, i significati, le prospettive: tratti a carbone e a matita talora si affiancano, talora si sovrappongono, talaltra si mescolano agli interventi digitali realizzati con le tecnologie moderne della fotografia, delle stampanti e degli scanner che deformano e distorcono le forme a costituire immagini omogenee nell’aspetto finale, ove però non è immediata la riconoscibilità dei singoli elementi che le compongono. Tale moltiplicazione e giustapposizione di piani conferisce una tridimensionalità all’opera trasformandola quasi in oggetto scultoreo.

Si percepisce nella pratica dell’artista madrilena una tensione all’azione, al movimento, come risposta alla necessità irrequieta di perlustrare ogni direzione e ogni soluzione, per tentativi, per strappi, come una sorta di maieutica, un criterio di ricerca attiva delle “possibilità non date”2 a partire dal caos e dalla precarietà della materia. È così che nella frenesia moderna i frammenti diventano immagini statiche, ma dialettiche, nelle cui potenzialità è possibile cogliere delle “epifanie di senso”. L’obiettivo non è fornire risposte precise e definitive ma aprire le porte a nuove letture.

Nella dinamica sopra descritta anche la percezione del tempo sembra mutare: un tempo che sfugge dai criteri della linearità e della progressività, dal continuum omogeneo della storia, per diventare “tempo-ora” – jetztzeit3 – un tempo fermo, ancorato al presente, pieno di energia e ricco di possibilità.

Maria Chiara Wang

1 http://www.aperture-rivista.it

2 Benjamin W., I «passages» di Parigi, Einaudi, Torino 2007

3 Benjamin W., Tesi di filosofia della storia, Mimesis, Milano 2012

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